Epic fail, flame e crisis management… tre dei tanti termini inglesi che arricchiscono il vocabolario di un markettaro, soprattutto quello di un account che lavora per un’agenzia di digital marketing e che occupa gran parte del suo tempo a fare brand reputation monitorning…
Oh yeah!
Adesso torniamo in noi, ci calmiamo, recuperiamo l’uso della lingua italiana e vi raccontiamo le cose dal principio.
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Premessa. Prima di iniziare a scrivere di epic fail e crisis management ricordiamo il concetto espresso nell’articolo “Monitorare la Brand Reputation senza microspie o investigatori privati”: una buona reputazione aiuta il Brand ad essere recepito come “il migliore”. E il “Brand migliore” è quello che vince, quello che fa più incassi, quello che diventa leader. E’ ovvio. Si compra un prodotto/servizio perché ritenuto essere il migliore; nessuno va alla ricerca di quello che pensa essere il “peggiore”.
Bene. Abbiamo monitorato la nostra Brand Reputation con estrema attenzione: ci siamo fiondati su internet e abbiamo controllato ciò che gli utenti mormorano sul nostro Brand, vocina per vocina. Poi abbiamo passato in rassegna giornali, radio e televisioni, così da essere sicuri che non ci fossero “voci fuori dal coro” e che tutti parlassero di noi in modo positivo .
Poi, però, quel giorno, è successo l’inimmaginabile! Quella tal cosa, di solito un fatto di cronaca o una notizia, sta mettendo a repentaglio la reputazione del nostro Brand, distruggendo mesi e mesi di lavoro sulle nostre PR (Ricordi? Avevamo raccontato dello stretto legame tra PR e Brand Reputation nell’articolo “Digital PR e PR tradizionali: cambia il tronista ma la tiritera è sempre la stessa”).
L’inimmaginabile è proprio quello che è successo l’anno scorso al Brand Masterchef, minacciato da un servizio di Striscia la Notizia in cui si additava Stefano (vincitore, poi, di quell’edizione) come cuoco professionista – e dunque non un semplice appassionato di cucina, come invece avrebbe voluto il regolamento del programma. La notizia aveva scatenato i fan della magica triade Barbieri-Cracco-Bastianich, che avevano iniziato a twittare come pazzi, utilizzando l’hashtag #striscianospoiler, rendendolo trending topic su Twitter per due giorni. Risultato dei tweet? Un gran mescolamento di carte in tavola! Il Brand in crisi non era più Masterchef, ma Striscia la Notizia, colpevolizzata di aver rivolto infondate accuse e di aver svelato l’identità del vincitore prima del tempo.
Quindi, se nel 2015 Masterchef è riuscito a scampare la crisi, ne è stato, invece, travolto nel 2016, quando alcuni abbonati della TV di Murdoch hanno potuto vedere, a causa di un errore tecnico di Sky, la finale del programma ancora prima che andasse in onda. Un auto-spoilerata di Sky che non è piaciuta ai fan di Masterchef che, questa volta, non sono stati clementi come lo erano stati l’anno precedente. L’autogol di Sky, quest’anno, è andato ad aggiungersi alla decisione dei giudici di far vincere il/la concorrente che non godeva del favore del pubblico: quegli stessi utenti che l’anno prima avevano preso le difese del talent show culinario, la sera della finale 2016, hanno fatto seriamente vacillare la reputazione del Brand Masterchef.
Ecco! Striscia la Notizia e Masterchef hanno fatto due epic fail (letteralmente “errori epici”), due “scivoloni” che sarebbero potuti costar cari alla reputazione dei due Brand e che sono diventati epici proprio per quel clamore che sono riusciti a scatenare.
Una cosa diversa sono, invece, i flame:“post di fuoco”, su forum e social network, che scaturiscono da una piccola fiammella (come, per esempio, un commento di un utente insoddisfatto) e che infiammano la conversazione intorno al Brand, rischiando di incendiarne la reputazione.
Famoso è il caso della campagna pubblicitaria “Where is Partrizia?”, fatta da Patrizia Pepe nel 2011 e annoverata negli annali del social media marketing tra le cose da NON fare quando bisogna gestire una pagina aziendale su un social network qualsiasi.
Cos’era successo? Beh… Per veicolare la campagna “incriminata”, Patrizia Pepe aveva usato una foto che ritraeva una modella decisamente troppo magra, sullo sfondo di una vecchia pompa di benzina apparentemente in disuso. Questa foto aveva scatenato le ire delle fan che, prontamente, hanno accusato il Brand di usare modelle anoressiche, andando, tra l’altro, a toccare un tema molto attuale e sentito tra le maison di moda.
La conversazione si era subito infuocata, rendendo inevitabile l’intervento del Brand Patrizia Pepe… Ma, scrivendo post a sostegno delle modelle magre, ed altri in cui il Marchio Patrizia Pepe si dichiarava NON disponibile a rispondere alle provocazioni degli utenti, il fashion Brand fiorentino non è riuscito certo a sedare l’incendio, anzi… E’ come se avesse buttato benzina sul fuoco! Mai, mai, mai dare risposte di impulso, essere aggressivi, cancellare i commenti negativi e rispondere con alterigia…
Tutte cose che sembrano scontate nei momenti di “quiete” ma che, durante le “tempeste”, in preda al panico, non sono poi così ovvie! Per questo motivo, per gestire situazioni critiche come queste, servono procedure di crisis management stabilite a priori, che permettano al Brand di dare risposte rapide ed efficaci, salvando capre, cavoli…e reputation!
Vediamo, quindi, i passaggi chiave che devono essere presenti in ogni procedura di crisis management:
1. IDENTIFICA RAPIDAMENTE LE SITUAZIONI CRITICHE
Ossia, individua oggettivamente i punti di debolezza del tuo Brand, le situazioni di pericolo ed il loro livello di pericolosità.
Un occhio esperto, durante le azioni di monitoraggio della Brand Reputation, dovrebbe riuscire ad identificare e soppesare post e conversazioni “a rischio”.
Ci sono, infatti, conversazioni da bollino rosso (quelle che attaccano direttamente il management), altre da bollino giallo (lamentele sui prodotti/servizi o riferimenti a casi di cronaca) e altre ancora da bollino verde (critiche o battute ironiche che fanno riferimento a quanto pubblicato dal Brand sui social).
La marcia in più? Imparare dagli errori degli altri! Tenere traccia degli epic fail altrui aiuta a capire cosa funziona e cosa no.
2. COINVOLGI IMMEDIATAMENTE CHI E’ INCARICATO DI GESTIRE LA CRISI
A seconda della gravità della situazione interverranno persone con incarichi aziendali diversi.
Un utente che, per esempio, dovesse pubblicare una lamentela sul prodotto/servizio potrebbe essere facilmente “gestito” con una risposta educata del social media manager.
Se l’attacco, invece, fosse da bollino rosso, potrebbe essere necessario coinvolgere, oltre al social media manger, anche l’ufficio stampa o il soggetto direttamente implicato.
3. PASSA ALL’AZIONE E GESTISCI LA CRISI
E’ arrivato il momento di rispondere al fuoco! Mano a PC e telefono, mantieni il sangue freddo e rispondi con pacatezza.
Ecco qualche indicazione utile, valida per qualsiasi “bollino” ti troverai a gestire:
• rispondi sempre alle richieste degli utenti. L’unico caso in cui non devi rispondere è quello in cui una tua risposta alimenterebbe il flame;
• non cancellare mai i post degli utenti, anche se ti sembrano negativi. Molto meglio creare dei post nuovi, dei post positivi che “nascondano” quelli negativi. Cancella solo i contenuti spam e quelli che contengono insulti razziali, istigano alla violenza, fanno propaganda politica, contengono bestemmie o offendono altri utenti.
Il trucco del mestiere? Nei momenti di quiete redigi il piano di attacco: una guida scritta con le azioni da intraprendere e le persone da coinvolgere “bollino” per “bollino”.
4. TIENI TRACCIA DEI CAMBIAMENTI
Cosa c’era prima della crisi e cosa è successo dopo il tuo intervento? Se ciò che non uccide fortifica, il tuo Brand come ne è uscito? Puoi farne una case history e raccontare di come il tuo Brand sia stato capace di superare brillantemente anche questa prova?
Digital PR, Brand Reputation e Crisis Management: adesso che ti abbiamo raccontato tutto quello che dovevi sapere è giunta l’ora che tu metta mano ai social network e diventi un twittatore seriale… Aspettiamo i tuoi tweet!
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